Descrizione
La fabbrica odierna è il frutto di numerose stratificazioni succedutesi nel corso dei secoli, specchio della vita del manufatto, ma non tutte databili con certezza.
Se, infatti, risulta abbastanza agevole delineare la storia di San Valentino dall’epoca della sua fondazione ad oggi, sono invece scarsi i dati documentari strettamente riferiti all’edificio.
Legato alla vicina Abbazia di San Clemente a Casauria, nell’orbita della quale il paese rimarrà fino all’avvento dei normanni nell’XI sec., San Valentino passa per le alterne fortune dei feudatari locali, Acquaviva, Orsini e Della Tolfa, di fede ora angioina, ora aragonese, fino all’elevazione a feudo farnesiano per mano di Margherita d’Austria (1583) e in seguito borbonico dalla prima metà del XVIII sec. all’unità d’Italia.
L’unica data, 1507, che attesta con certezza l’evoluzione sostanziale del manufatto compare nell’epigrafe commemorativa ubicata nell’androne del palazzo: jacobus: tolfe utilis: di(c)e(n)s: rome oriu(n)d(u)s a friigis penatib(u)s: origine(m): trahe(n)s: s(an)c(t)i: val(en)ti(ni): comes: ac planelle hoc opus: costrui fecit anno a nativitate d(omini) 1:5:0:7. “Giacomo proprietario di Tolfa, proveniente da Roma, traente origine da Penatibus Frigiis, conte di San Valentino e Pianella, fece costruire questo edificio nell’anno del Signore 1507”.
A questo periodo è forse ascrivibile la rivisitazione del castello in veste rinascimentale, lo smantellamento degli apparati difensivi e la costruzione di nuovi corpi di fabbrica che restituiscono l’immagine di un organismo multiplo destinato ad espandersi e modificarsi ulteriormente nei secoli a venire.
Una struttura atta ad ospitare gli Inviati e i Funzionari dei Duchi di Parma prima e del governo borbonico poi; così viene infatti descritta nel Catasto de beni Gentileschi di S.A. Serenissima il Duca di Parma del 1682 conservato presso l’Archivio Storico di Napoli: “Una Rocca nel Palazzo e diverse stanze, dove risiedono li Governatori, che pro tempore sono, come anco li Ministri di Sua Altezza Serenissima nel tempo che vengono”
Le cronache riferiscono della cessione nel 1784 a censo perpetuo a Giuseppe Andrea Franchi e lo descrivono nel corso del XIX secolo come “orrido carcere” citatato anche da d’Annunzio nel Trionfo della Morte: “La mattina dopo Giorgio stava seduto sotto la quercia ascoltando il vecchio Cola che raccontava come a Tocco Casauria in quei giorni il Novello Messia fosse stato preso dai gendarmi e condotto nelle carceri di San Valentino con alcuni suoi seguaci” (Libro V, Tempus destruendi, par. VIII)
Al declino del Regno di Napoli si affianca la scarsità di notizie e documenti che potrebbero far luce sull’attuale partizione del palazzo in tre unità distinte, di proprietà della Curia, del Comune e di privati.
Proprio alla frammentarietà della proprietà vanno imputati gli interventi più recenti, i più improprii, che hanno portato alla perdita di alcuni caratteri identitari della struttura; il sistema archi diaframma-solaio ligneo del primo livello è stato sostituito da telai in latero-cemento nei volumi sud-est e sud-ovest interessati anche dall’inserimento di scale interne ed esterne in cemento armato, infissi in alluminio e dalla sopraelevazione del corpo sud-ovest coronata da copertura in eternit.
Al degrado antropico si aggiungono i danni seguiti al sisma del 6 aprile che hanno interessato tutta la fabbrica, colpendo in particolare i volumi superiori del fronte prospiciente Piazza Duomo.
Un auspicabile intervento di restauro dovrebbe mirare ad una corretta rilettura del manufatto che metta in luce, chiarendole, le varie fasi evolutive, coadiuvando la ricerca storica con l’indagine diretta della fabbrica condotta tramite lo studio dei suoi caratteri costruttivi e stilistici.
Restituaitagli l’integrità formale e storica e il giusto rapporto con le pertinenze il castello-palazzo di San Valentino potrà valersi della sua vocazione turistico-ricettiva alla quale mostra di essere votato anche per la felice posizione tra mare ed entroterra, incastonato tra il Parco Nazionale della Majella e la Riserva di Bolognano.
E’ localizzato nella parte alta del paese, anche dopo vari crolli e rimaneggiamenti, lascia ancora cedere l’ antico e maestoso splendore. Tutto il complesso è formato da un insieme di edifici costruito nel recinto delle mura costituenti il primitivo castello, esso ha origini medioevali ed è databile al XIII sec. L’ attuale configurazione della struttura si deve ad un imponenete intervento operato nei primissimi anni del ‘500 dai conti Perigiis della Tolfa. Con l’acquisto del Castello da parte di Margherita D’Austria, nel 1583, il complesso assume l’attuale denominazione.
La costruzione ha un contorno che oggi si presenta aperto in più parti verso l’esterno, mentre l’originario unico ingresso, posizionato sul fronte nord-est, rialzato sulla piazza, è raggiungibile da una scalinata a doppia rampa. La muratura in pietra e malta ha grossi cantonali in pietra squadrata e lascia intravedere i segni di vari interventi di tagli e ricuciture. All’interno l’androne si apre sulla Corte in cui si affacciano i vari edifici costituenti il complesso, di cui il più antico e quello di fronte all’ ingresso, a due piani. All’edifico ad esso accostato , sulla sinistra, è accostata la scalinata d’onore che raggiunge il portale della loggetta quadrata, scolpito con decorazioni cinquecentesche, mentre nei prospetti estreni si possono vedere ancora oggi i corpi aggiunti nel corso del tempo.
Modalità d'accesso
La costruzione ha un contorno che oggi si presenta aperto in più parti verso l’esterno, mentre l’originario unico ingresso, posizionato sul fronte nord-est, rialzato sulla piazza, è raggiungibile da una scalinata a doppia rampa, difficilmente accessibile da persone con mobilità ridotte
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Ultimo aggiornamento: 9 maggio 2024, 16:06